lunedì 22 febbraio 2010

Fattore amici a Sanremo

E così sabato si è conclusa la sessantesima edizione del festival di Sanremo, comunque già morto da diversi anni a questa parte. Anche se è considerato il festival dei fiori, non è detto che questi siano sempre in fiore, anzi ultimamente sono piuttosto appassiti. Peccato, perchè la Clerici, lo aveva impostato a suo modo, semplice, solitaria, con le sue gaff, senza troppi fronzoli alcuno, ne vallette arrivate da posti lontani. Non solo, ma è forse stata l'unica ad essere prosperosa negli atteggiamenti e nel fisico, incarnando la maggior parte delle italiane non anoressiche, ma piene di salute e con la ciccia nei punti giusti. Peccato davvero, perchè bella era anche la scenografia, rigorosamente "elettronicissima", con l'uso delle nuove tecnologie a basso consimo ma di sicuro effetto. Peccato perchè la prima artista vera che si è esibita, Elisa, ha dato dimostrazione che anche noi in casa abbiamo degli artisti coi fiocchi e sicuramente mooooolto meno onerosi dei grossi nomi, peraltro bravi anche loro. Il discorso migliore l'ha fatto Enrico Ruggeri il giorno dopo, quando ha detto che se questi devono essere i metodi per essere giudicati, l'anno prossimo se ne sta a casa. E non centra nulla l'eterna battaglia tra i giovani e i "vecchi". Vecchi sono quelli che da 40 anni ci ripropinano sempre il solito stile, il solito cliche. Vecchio è già Povia con questi testi improbabili e ruffiani (al contrario della sua prima canzone). Non è neanche condannabile lo scugnizzo D'Angelo con la sua canzone in dialetto napoletano. Ma lo stesso duo Pupo-Filiberto lo si può accettare in fondo in fondo, anche perchè l'intervento del tenore ha reso l'inciso della canzone una sorta di inno, nemmeno poi tanto così brutto. Accetto anche un Toto Cotugno lobotomizzato dagli afrori della donna-che-c'è-anche-nel-Dixan, Belen Rodriguez (anche una bella voce)...
Ma un Festival con la effe maiuscola non può iniziare con lo scandalo di Morgan che ha ammesso di aver (e fare) uso di cocaina e simili, tanto da tenere banco per 10 giorni prima dell'inizio con tutte le varie uscite e commenti da bar. Se il protagonista naturale di un film di Dario Argento (che poi era suo suocero) vuol fare il pilota facendosi qualche pista, chi dei giudicanti non ha peccato? E per finire, un Festival con la effe maiuscola non può avere nelle prime due posizioni due personaggi usciti dal mondo dei talent show. Mi dispiace ma non lo accetto. Questo è il più palese collegamento con lo show business in generale, che passa da Mediaset alla Rai, dove sponsor munifici pompano danari per trasmissioni di dubbio gusto, dove ogni tanto si trova si qualche talento, ma bisogna andare a cercarlo col lanternino... Marco Mengoni è forse uno di quelli sicuramente, e se il primo e il terzo fossero stati diversi, il suo secondo posto ci poteva anche stare, peccato per la canzone poco "furba", comunque egregiamente cantata. Valerio Scanu può essere bravino in tutti modi e in tutti luoghi (i laghi centrano poco) ma non sul gradino più alto del festival. Poi le vendite faranno il resto, le soddisfazioni arriveranno forse da li... Le comete non passano più da diverso tempo e forse l'unica poteva essere quella di Irene Grandi, con una canzone gradevole, senza troppi voli pindarici anche nel testo, una canzone "leggera" da Sanremo. Ancora una volta Sergio Caputo aveva ragione quando nel "Sabato Italiano" recitava: "...la radio mi pugnala con il festival dei fiori...". Ma si sà, gli artisti come lui li facciamo fuggire tutti all'estero (Karima docet)...

martedì 16 febbraio 2010

Gian, un finale commovente dopo cinquant’anni di risate

di Antonio Lodetti

La morte di Gianfabio Bosco. Gli esordi con Govi, il lungo sodalizio con Ric. E la figlia ritrovata soltanto sul letto di morte
Insieme al compare Ric (Riccardo Miniggio) ha attraversato la storia della tv, della commedia musicale, del teatro. Umorismo popolare - cioè semplice, che piace alla gente comune - che dalla Rai è rimbalzato su mitiche tv private come Antennatre per approdare alle commedie di Vaime o di Dino e Gustavo Verde. Gian (Gian Fabio Bosco), la metà di Ric & Gian - il duo comico di certo sconosciuto ai ragazzini d’oggi - se n’è andato a 73 anni, in un letto d’ospedale di Lavagna, in Liguria, ucciso da un’aneurisma dell’aorta addominale. Al suo fianco la figlia Danila, che il comico non vedeva da quasi 40 anni, «sparito - come lei stessa ha scritto su Facebook - dopo averla accompagnata all’altare quando aveva solo 15 anni». Danila, dopo aver appreso la notizia da un amico, ha raggiunto il padre e non l’ha più lasciato in questi lunghi giorni d’agonia.
Un finale commovente nella vita di un personaggio che ha fatto della risata e della battuta - anche e soprattutto quella di grana grossa - il vessillo di una carriera. Gian è figlio d’arte (nato a Firenze ma cresciuto a Genova) ché i suoi genitori vengono dalla compagnia di Gilberto Govi. Un illustre maestro da cui Gian si allontana presto per andare a Torino, dove al Teatro Maffei incontra il ballerino e fantasista Ric. Una strana coppia che, con il nome di battaglia Jerry e Fabio, riesce persino a varcare le sacre porte del Crazy Horse parigino con lo sketch Lo spogliarello. Quelle gag un po’ demenziali e un po’ acrobatiche folgorano Angelo Rizzoli, che lancia la coppia come Ric e Gian nel film Ischia operazione amore. La tv è lo sfogo naturale della loro comicità crassa, a tratti prevedibile, con ammiccamenti d’avanspettacolo, lontana dalla fantasiosa creatività del Derby (anche se i due collaboreranno spesso con Enzo Jannacci e Cochi e Renato). Dal 66 sono una presenza fissa alla Rai, ospiti fissi di show domenicali importanti come Quelli della domenica (con Paolo Villaggio), Che domenica amici (dove sono protagonisti), Giochi in famiglia (con Mike Bongiorno) fino al classico Senza rete del ’72 condotto da Renato Rascel. È un tandem ben assortito, dove l’uno non è mai la spalla dell’altro (anche se Gian di solito fa il serio e Ric «lo scemo») e in cui l’arma vincente è la semplicità delle battute e l’atmosfera un po’ vaudeville de noantri. Non hanno certo il phisique du rôle, né la fantasiosa creatività di Cochi e Renato, però ci sanno fare e in quegli anni i rivali sono davvero pochi.
Dalla Rai alla canzone il passo è breve e nel ’68 arriva il primo 45 giri, Okay Carola, brano demenziale che non sarà passato alla storia ma porta la firma di Marcello Marchesi per il testo e Gorni Kramer per la musica. Album come Sensational Sanremo Story saranno benedetti dalla firma di Leo Chiosso, storico autore di Buscaglione. Lasciando da parte i film (non certo indimenticabili come Ric e Gian alla conquista del West o Kakkientruppen), il secondo periodo d’oro della coppia è quello delle tv private, soprattutto di Telelombardia dove per anni sono mattatori di show all’insegna dell’improvvisazione pura, con la regia di Cino Tortorella o Gudo Stagnaro e vallette come Paola Perego, ma lasciano il segno anche in Fininvest con programmi come Risatissima.
La premiata ditta Ric e Gian si separa nell’87, ma Gian «solista» si fa notare nel cinema in film come Joan Lui di Celentano e Libero Burro di Castellitto che partecipa alla Mostra di Venezia del ’98. Da bravo fantasista e caratterista trova spazio in numerose fiction di Canale 5, come Don Tonino, o addirittura la conduzione di show su Raidue come Da dove chiami con Paolo Villaggio. Anche a teatro si fa notare in commedie musicali come Irma la dolce e My Fair Lady. L’amore per il teatro riporta spesso insieme il duo Ric e Gian che, dai tempi della rilettura de La strana coppia di Neil Simon, li vede sul palco fino al 2006 con l’applaudito spettacolo di Dino e Gustavo Verde, che strizza l’occhio al Godot di Beckett, Comunque vada sarà un successo.

mercoledì 10 febbraio 2010

Ballando sotto i milioni

Che il mondo dello spettacolo italiano non galleggi in buone acque questo è risaputo. Produzioni mediocri a tutti i livelli fanno si che non riusciamo più ad essere quel modello da seguire ed a esportare nel mondo. A parte casi sporadici come l'ultimo film di Virzì o trasmissioni inossidabili basate sulla semplicità e condotte in maniera "pulita", tutto il resto fa un pò ridere, ad iniziare dai talent show e reality. Ma si sa, la ragione ce l'hanno gli ascolti e finchè nessuno si degnerà di cambiare canale, le tv ed i loro organizzatori, ci propineranno sempre la solita roba, forti di un audience che mi lascia perplesso.
Un altro aspetto che fa ridere sono i soldi che piovono per film che incassano un decimo della spesa sostenuta, pruduzioni teatrali ricche del nulla, foraggiamenti ad artisti solo perchè appartenenti ad una certa classe politica. Ciliegina sulla torta, ed è roba di questi giorni, che il caro e vecchio Ridge in arte Ron Moss, abbia chiesto alla produzione di Ballando sotto le stelle, 900 mila dico novecentomila "euri" per la partecipazione al programma condotto da Milly Carlucci. Ora voi capite un certo disagio da parte nostra e non solo per cotanta somma in un periodo non tanto felice per tutti. Con tutto il rispetto per il bel mascellone, mi sembra che lui non valga tale cifra, ma non per il valore in se, ma semplicemente perchè non abbiamo una tv di stato florida e redditizia, anzi... Il problema è che nessuno si ricorda dei 5oo mila euro sborsati dalla produzione del festival di Sanremo, edizione Fazio, a John Travolta, per un siparietto (peraltro brutto) con Victoria Cabello. Anche Lady Gaga quest'anno ha chiesto una super cifra per un apparizione al festival e gli organizzatori sono ancora li a palleggiarsi sul dubbio. Si parla tanto del Made in Italy e non siamo in grado di gestire le nostre produzioni se non abbiamo nomi che riempiono la locandina. In un qualsiasi teatro di New York o di Londra ci sono opere teatrali, musical, rappresentati da benemeriti sconosciuti ma eseguiti magistralmente, perchè non guardi il nome dell'esecutore ma guardi l'esecuzione. In Italia si riempiono i teatri solo perchè gli spettacoli vengono eseguiti dai piagnoni e litigiosi dei talent show, senza osservare minimamente i contenuti, le trame, la fattura in generale. Prassi poi degli ultimi tempi è di trovarseli anche sul palcoscenico dell'Ariston, tanto per chiudere il cerchio. E così mentre X Factor inglese sforna Leona Lewis, a noi ci tocca sorbirci Jusy Ferrero e Marco Carta tanto per citarne alcuni. Per forza poi Ridge chiede tutti quei soldi!!! Siamo come delle puttane (scusate il termine), ci svendiamo al primo offerente, compriamo biglietti a mille euro per vedere Elton John all'Arena di Verona quando per il solito spettacolo a Monaco non spendevi oltre i 250 euro (leggiti uno dei post precedenti). Invece di foraggiare, scoprire, incentivare talenti anche visti nei programmi con i bambini protagonisti, sperperiamo i soldi così... tanto se n'ha parecchi!
Tutto veramente Beautyful....

giovedì 4 febbraio 2010

Fiorello Show


Finalmente torno a scrivere una recensione di uno spettacolo. Finalmente perchè ritengo che il panorama "spettacolo" offra ben poco, se non opere impegnate che poco portano ad un sollazzo vero e proprio. Fiorello ritorna nei palasport e lo fa con uno show particolare, lasciando a casa tutte quelle gag e siparietti che lo hanno reso celebre, ma che in realtà, ultimamente lo rendevano parecchio monotono e un pò noioso. Da sempre un estimatore del grande showman, per la prima volta sono andato a vederlo dal vivo con la curiosità di gustarmi un pò tutto, sia lo show, sia il background tecnico. Partendo proprio dalla tecnica vera e propria, l'organizzazione non poteva che affidarsi ad Agorà veri e propri professionisti del settore, con una fantastica dotazione tecnica con ciliegina sulla torta dell'uso del wall-led, vere e proprie quinte mobili che hanno il pregio di riprodurre qualsiasi immagine. Con questa tecnica Giampiero Solari (regia) si è permesso di accostare a Fiorello ballerine, cori, coreografie, portando addirittura il pubblico sul palco e renderlo in qualche modo partecipe. Ovviamente i wall-led erano divisi in due sezioni, una front e una in back che avevano la possibilità di scorrere lateralmente per portarli letteralmente al centro oppure per accostarli al lato. Due maxischermi laterali contornavano lo show per apprezzarne meglio le espressioni del fantasista, sopratutto nell'imitazione dei Tokio Hotel o come li ha chiamati lui Toki. Orchestra dal vivo capitanata dal maestro Cremonesi, disposta fronte pubblico secondo uno degli schemi più classici a piani. Sul ring avrò contato una quarantina di teste mobili Wash più quelle a terra che fungevano da tagli. Ottimo l'archetto Sehnneiser utilizzato per tutto lo show sia per cantare che per parlare, ottimamente equalizzato per raggiungere anche le più infime profondità dal palazzetto sempre in ostaggio di fastidiosi reverberi.

Inizio dello show a sipario chiuso, sul proscenio, con qualche puntatina sul pubblico, in accappatoio con un bel monologo brillante su temi di attualita, mai volgare e mai retorico (come avviene ultimamente per i comici). La gag è poi proseguita col presentarsi di altri componenti in accappatoio nell'attesa della chiamata per l'apertura dello show. Pantalone nero, camicia bianca e un improbabile cravatta, Fiorello è passato tra vecchie medley di canzoni a brevi mologhi che ripercorrevano la sua carriera, sempre facendo sorridere lo spettatore, mai annoiato per battute o pause fuori luogo. Tormentone della serata, e non poteva essere altrimenti, Carlo Conti e la sua abbronzatura, parodia sugli antennisti e installatori di decoder, per poi passare ai Tokio Hotel, fino ad arrivare ad un breve soggiorno al nuovo hotel Bvlgari a Milano. Non tante canzoni, peccato pensando al gruppo, omaggio a Michael Jackson con un Thriller un pò stravolto (che a me non è piaciuto) e percorso musicale vario, rimembrando perfino Nilla Pizzi versione Rock'n Roll.

Devo dire che su quei wall-led ci ho lasciato gli occhi e il cuore, ma anche su tutta l'organizzazione che ha amplificato, se mai ce ne fosse bisogno, la bravura di uno dei pochi artisti circolanti in Italia. A Fiorello posso consigliare di seguitare in questo percorso, che forse lo rende meno visibile, ma gli da la facoltà di riempire i Palasport e di fare quello per cui nasce un artista: stare col pubblico!