mercoledì 24 marzo 2010

Quando Lastrico non indica un brutta parola


E' notorio che la televisione mi annoia. E' altrettanto notorio che, nonostante mi annoi, tanta gente la guarda. Non dico di essere un guru, ma se forse tutti evitassimo di vedere programmi stupidi o diseducativi forse trasmetterebbero qualcosa di meglio. Questo lo deve aver capito Claudio Bisio che quest'anno ha proposto per Zelig personaggi nuovi e per alcuni, uno in particolare, geniali. Maurizio Lastrico è senz'altro una novità nel panorama della comicità italiana, una comicità che a mio avviso aveva perso quel buon gusto e quella classe che negli anni passati ci aveva sempre distinto. Nel 1982 un ex comico, Roberto Benigni tirò fuori dal cilindro uno spettacolo a 360° dove politica, religione e usi e costumi quotidiani venivano presi e offerti al pubblico per quasi 2 ore di spettacolo. Oggi, assistiamo ad esibizioni di presunti comici che forse fanno ridere solo chi ha una mente limitata come loro, propinandoci volgarità e contenuti a dir poco scadenti. Lastrico riporta la comicità al suo valore assoluto, ovvero trarre dal quotidiano quello spunto che può sembrar banale, ma se narrato in terzine di Divina Commedia memoria, riesce a far diventare esilarante anche una semplice interrogazione o una partita di calcetto. Ottima è anche la sua interpretazione "gasmiana" ma mai banale, intervallata da il classico sale e scendi di tono accompagnata da una gestualità semplice ma efficace. Accostato ad altri comici veri, Alex & Franz, Aldo Giovanni & Giacomo, Brignano e pochi altri, speriamo che la comicità ritorni sui nostri schermi come un qualcosa da far vedere anche ai bambini ed in questo faccio anche un grande augurio a Carlo Conti che porterà in Rai "Aria Fresca" dove della pattuglia toscana faranno parte Niki Giustini, Graziano Salvadori e Alex Paci, un pò forse dimenticati dal grande giro, ma veri e propri artisti.

lunedì 22 febbraio 2010

Fattore amici a Sanremo

E così sabato si è conclusa la sessantesima edizione del festival di Sanremo, comunque già morto da diversi anni a questa parte. Anche se è considerato il festival dei fiori, non è detto che questi siano sempre in fiore, anzi ultimamente sono piuttosto appassiti. Peccato, perchè la Clerici, lo aveva impostato a suo modo, semplice, solitaria, con le sue gaff, senza troppi fronzoli alcuno, ne vallette arrivate da posti lontani. Non solo, ma è forse stata l'unica ad essere prosperosa negli atteggiamenti e nel fisico, incarnando la maggior parte delle italiane non anoressiche, ma piene di salute e con la ciccia nei punti giusti. Peccato davvero, perchè bella era anche la scenografia, rigorosamente "elettronicissima", con l'uso delle nuove tecnologie a basso consimo ma di sicuro effetto. Peccato perchè la prima artista vera che si è esibita, Elisa, ha dato dimostrazione che anche noi in casa abbiamo degli artisti coi fiocchi e sicuramente mooooolto meno onerosi dei grossi nomi, peraltro bravi anche loro. Il discorso migliore l'ha fatto Enrico Ruggeri il giorno dopo, quando ha detto che se questi devono essere i metodi per essere giudicati, l'anno prossimo se ne sta a casa. E non centra nulla l'eterna battaglia tra i giovani e i "vecchi". Vecchi sono quelli che da 40 anni ci ripropinano sempre il solito stile, il solito cliche. Vecchio è già Povia con questi testi improbabili e ruffiani (al contrario della sua prima canzone). Non è neanche condannabile lo scugnizzo D'Angelo con la sua canzone in dialetto napoletano. Ma lo stesso duo Pupo-Filiberto lo si può accettare in fondo in fondo, anche perchè l'intervento del tenore ha reso l'inciso della canzone una sorta di inno, nemmeno poi tanto così brutto. Accetto anche un Toto Cotugno lobotomizzato dagli afrori della donna-che-c'è-anche-nel-Dixan, Belen Rodriguez (anche una bella voce)...
Ma un Festival con la effe maiuscola non può iniziare con lo scandalo di Morgan che ha ammesso di aver (e fare) uso di cocaina e simili, tanto da tenere banco per 10 giorni prima dell'inizio con tutte le varie uscite e commenti da bar. Se il protagonista naturale di un film di Dario Argento (che poi era suo suocero) vuol fare il pilota facendosi qualche pista, chi dei giudicanti non ha peccato? E per finire, un Festival con la effe maiuscola non può avere nelle prime due posizioni due personaggi usciti dal mondo dei talent show. Mi dispiace ma non lo accetto. Questo è il più palese collegamento con lo show business in generale, che passa da Mediaset alla Rai, dove sponsor munifici pompano danari per trasmissioni di dubbio gusto, dove ogni tanto si trova si qualche talento, ma bisogna andare a cercarlo col lanternino... Marco Mengoni è forse uno di quelli sicuramente, e se il primo e il terzo fossero stati diversi, il suo secondo posto ci poteva anche stare, peccato per la canzone poco "furba", comunque egregiamente cantata. Valerio Scanu può essere bravino in tutti modi e in tutti luoghi (i laghi centrano poco) ma non sul gradino più alto del festival. Poi le vendite faranno il resto, le soddisfazioni arriveranno forse da li... Le comete non passano più da diverso tempo e forse l'unica poteva essere quella di Irene Grandi, con una canzone gradevole, senza troppi voli pindarici anche nel testo, una canzone "leggera" da Sanremo. Ancora una volta Sergio Caputo aveva ragione quando nel "Sabato Italiano" recitava: "...la radio mi pugnala con il festival dei fiori...". Ma si sà, gli artisti come lui li facciamo fuggire tutti all'estero (Karima docet)...

martedì 16 febbraio 2010

Gian, un finale commovente dopo cinquant’anni di risate

di Antonio Lodetti

La morte di Gianfabio Bosco. Gli esordi con Govi, il lungo sodalizio con Ric. E la figlia ritrovata soltanto sul letto di morte
Insieme al compare Ric (Riccardo Miniggio) ha attraversato la storia della tv, della commedia musicale, del teatro. Umorismo popolare - cioè semplice, che piace alla gente comune - che dalla Rai è rimbalzato su mitiche tv private come Antennatre per approdare alle commedie di Vaime o di Dino e Gustavo Verde. Gian (Gian Fabio Bosco), la metà di Ric & Gian - il duo comico di certo sconosciuto ai ragazzini d’oggi - se n’è andato a 73 anni, in un letto d’ospedale di Lavagna, in Liguria, ucciso da un’aneurisma dell’aorta addominale. Al suo fianco la figlia Danila, che il comico non vedeva da quasi 40 anni, «sparito - come lei stessa ha scritto su Facebook - dopo averla accompagnata all’altare quando aveva solo 15 anni». Danila, dopo aver appreso la notizia da un amico, ha raggiunto il padre e non l’ha più lasciato in questi lunghi giorni d’agonia.
Un finale commovente nella vita di un personaggio che ha fatto della risata e della battuta - anche e soprattutto quella di grana grossa - il vessillo di una carriera. Gian è figlio d’arte (nato a Firenze ma cresciuto a Genova) ché i suoi genitori vengono dalla compagnia di Gilberto Govi. Un illustre maestro da cui Gian si allontana presto per andare a Torino, dove al Teatro Maffei incontra il ballerino e fantasista Ric. Una strana coppia che, con il nome di battaglia Jerry e Fabio, riesce persino a varcare le sacre porte del Crazy Horse parigino con lo sketch Lo spogliarello. Quelle gag un po’ demenziali e un po’ acrobatiche folgorano Angelo Rizzoli, che lancia la coppia come Ric e Gian nel film Ischia operazione amore. La tv è lo sfogo naturale della loro comicità crassa, a tratti prevedibile, con ammiccamenti d’avanspettacolo, lontana dalla fantasiosa creatività del Derby (anche se i due collaboreranno spesso con Enzo Jannacci e Cochi e Renato). Dal 66 sono una presenza fissa alla Rai, ospiti fissi di show domenicali importanti come Quelli della domenica (con Paolo Villaggio), Che domenica amici (dove sono protagonisti), Giochi in famiglia (con Mike Bongiorno) fino al classico Senza rete del ’72 condotto da Renato Rascel. È un tandem ben assortito, dove l’uno non è mai la spalla dell’altro (anche se Gian di solito fa il serio e Ric «lo scemo») e in cui l’arma vincente è la semplicità delle battute e l’atmosfera un po’ vaudeville de noantri. Non hanno certo il phisique du rôle, né la fantasiosa creatività di Cochi e Renato, però ci sanno fare e in quegli anni i rivali sono davvero pochi.
Dalla Rai alla canzone il passo è breve e nel ’68 arriva il primo 45 giri, Okay Carola, brano demenziale che non sarà passato alla storia ma porta la firma di Marcello Marchesi per il testo e Gorni Kramer per la musica. Album come Sensational Sanremo Story saranno benedetti dalla firma di Leo Chiosso, storico autore di Buscaglione. Lasciando da parte i film (non certo indimenticabili come Ric e Gian alla conquista del West o Kakkientruppen), il secondo periodo d’oro della coppia è quello delle tv private, soprattutto di Telelombardia dove per anni sono mattatori di show all’insegna dell’improvvisazione pura, con la regia di Cino Tortorella o Gudo Stagnaro e vallette come Paola Perego, ma lasciano il segno anche in Fininvest con programmi come Risatissima.
La premiata ditta Ric e Gian si separa nell’87, ma Gian «solista» si fa notare nel cinema in film come Joan Lui di Celentano e Libero Burro di Castellitto che partecipa alla Mostra di Venezia del ’98. Da bravo fantasista e caratterista trova spazio in numerose fiction di Canale 5, come Don Tonino, o addirittura la conduzione di show su Raidue come Da dove chiami con Paolo Villaggio. Anche a teatro si fa notare in commedie musicali come Irma la dolce e My Fair Lady. L’amore per il teatro riporta spesso insieme il duo Ric e Gian che, dai tempi della rilettura de La strana coppia di Neil Simon, li vede sul palco fino al 2006 con l’applaudito spettacolo di Dino e Gustavo Verde, che strizza l’occhio al Godot di Beckett, Comunque vada sarà un successo.

mercoledì 10 febbraio 2010

Ballando sotto i milioni

Che il mondo dello spettacolo italiano non galleggi in buone acque questo è risaputo. Produzioni mediocri a tutti i livelli fanno si che non riusciamo più ad essere quel modello da seguire ed a esportare nel mondo. A parte casi sporadici come l'ultimo film di Virzì o trasmissioni inossidabili basate sulla semplicità e condotte in maniera "pulita", tutto il resto fa un pò ridere, ad iniziare dai talent show e reality. Ma si sa, la ragione ce l'hanno gli ascolti e finchè nessuno si degnerà di cambiare canale, le tv ed i loro organizzatori, ci propineranno sempre la solita roba, forti di un audience che mi lascia perplesso.
Un altro aspetto che fa ridere sono i soldi che piovono per film che incassano un decimo della spesa sostenuta, pruduzioni teatrali ricche del nulla, foraggiamenti ad artisti solo perchè appartenenti ad una certa classe politica. Ciliegina sulla torta, ed è roba di questi giorni, che il caro e vecchio Ridge in arte Ron Moss, abbia chiesto alla produzione di Ballando sotto le stelle, 900 mila dico novecentomila "euri" per la partecipazione al programma condotto da Milly Carlucci. Ora voi capite un certo disagio da parte nostra e non solo per cotanta somma in un periodo non tanto felice per tutti. Con tutto il rispetto per il bel mascellone, mi sembra che lui non valga tale cifra, ma non per il valore in se, ma semplicemente perchè non abbiamo una tv di stato florida e redditizia, anzi... Il problema è che nessuno si ricorda dei 5oo mila euro sborsati dalla produzione del festival di Sanremo, edizione Fazio, a John Travolta, per un siparietto (peraltro brutto) con Victoria Cabello. Anche Lady Gaga quest'anno ha chiesto una super cifra per un apparizione al festival e gli organizzatori sono ancora li a palleggiarsi sul dubbio. Si parla tanto del Made in Italy e non siamo in grado di gestire le nostre produzioni se non abbiamo nomi che riempiono la locandina. In un qualsiasi teatro di New York o di Londra ci sono opere teatrali, musical, rappresentati da benemeriti sconosciuti ma eseguiti magistralmente, perchè non guardi il nome dell'esecutore ma guardi l'esecuzione. In Italia si riempiono i teatri solo perchè gli spettacoli vengono eseguiti dai piagnoni e litigiosi dei talent show, senza osservare minimamente i contenuti, le trame, la fattura in generale. Prassi poi degli ultimi tempi è di trovarseli anche sul palcoscenico dell'Ariston, tanto per chiudere il cerchio. E così mentre X Factor inglese sforna Leona Lewis, a noi ci tocca sorbirci Jusy Ferrero e Marco Carta tanto per citarne alcuni. Per forza poi Ridge chiede tutti quei soldi!!! Siamo come delle puttane (scusate il termine), ci svendiamo al primo offerente, compriamo biglietti a mille euro per vedere Elton John all'Arena di Verona quando per il solito spettacolo a Monaco non spendevi oltre i 250 euro (leggiti uno dei post precedenti). Invece di foraggiare, scoprire, incentivare talenti anche visti nei programmi con i bambini protagonisti, sperperiamo i soldi così... tanto se n'ha parecchi!
Tutto veramente Beautyful....

giovedì 4 febbraio 2010

Fiorello Show


Finalmente torno a scrivere una recensione di uno spettacolo. Finalmente perchè ritengo che il panorama "spettacolo" offra ben poco, se non opere impegnate che poco portano ad un sollazzo vero e proprio. Fiorello ritorna nei palasport e lo fa con uno show particolare, lasciando a casa tutte quelle gag e siparietti che lo hanno reso celebre, ma che in realtà, ultimamente lo rendevano parecchio monotono e un pò noioso. Da sempre un estimatore del grande showman, per la prima volta sono andato a vederlo dal vivo con la curiosità di gustarmi un pò tutto, sia lo show, sia il background tecnico. Partendo proprio dalla tecnica vera e propria, l'organizzazione non poteva che affidarsi ad Agorà veri e propri professionisti del settore, con una fantastica dotazione tecnica con ciliegina sulla torta dell'uso del wall-led, vere e proprie quinte mobili che hanno il pregio di riprodurre qualsiasi immagine. Con questa tecnica Giampiero Solari (regia) si è permesso di accostare a Fiorello ballerine, cori, coreografie, portando addirittura il pubblico sul palco e renderlo in qualche modo partecipe. Ovviamente i wall-led erano divisi in due sezioni, una front e una in back che avevano la possibilità di scorrere lateralmente per portarli letteralmente al centro oppure per accostarli al lato. Due maxischermi laterali contornavano lo show per apprezzarne meglio le espressioni del fantasista, sopratutto nell'imitazione dei Tokio Hotel o come li ha chiamati lui Toki. Orchestra dal vivo capitanata dal maestro Cremonesi, disposta fronte pubblico secondo uno degli schemi più classici a piani. Sul ring avrò contato una quarantina di teste mobili Wash più quelle a terra che fungevano da tagli. Ottimo l'archetto Sehnneiser utilizzato per tutto lo show sia per cantare che per parlare, ottimamente equalizzato per raggiungere anche le più infime profondità dal palazzetto sempre in ostaggio di fastidiosi reverberi.

Inizio dello show a sipario chiuso, sul proscenio, con qualche puntatina sul pubblico, in accappatoio con un bel monologo brillante su temi di attualita, mai volgare e mai retorico (come avviene ultimamente per i comici). La gag è poi proseguita col presentarsi di altri componenti in accappatoio nell'attesa della chiamata per l'apertura dello show. Pantalone nero, camicia bianca e un improbabile cravatta, Fiorello è passato tra vecchie medley di canzoni a brevi mologhi che ripercorrevano la sua carriera, sempre facendo sorridere lo spettatore, mai annoiato per battute o pause fuori luogo. Tormentone della serata, e non poteva essere altrimenti, Carlo Conti e la sua abbronzatura, parodia sugli antennisti e installatori di decoder, per poi passare ai Tokio Hotel, fino ad arrivare ad un breve soggiorno al nuovo hotel Bvlgari a Milano. Non tante canzoni, peccato pensando al gruppo, omaggio a Michael Jackson con un Thriller un pò stravolto (che a me non è piaciuto) e percorso musicale vario, rimembrando perfino Nilla Pizzi versione Rock'n Roll.

Devo dire che su quei wall-led ci ho lasciato gli occhi e il cuore, ma anche su tutta l'organizzazione che ha amplificato, se mai ce ne fosse bisogno, la bravura di uno dei pochi artisti circolanti in Italia. A Fiorello posso consigliare di seguitare in questo percorso, che forse lo rende meno visibile, ma gli da la facoltà di riempire i Palasport e di fare quello per cui nasce un artista: stare col pubblico!

mercoledì 20 gennaio 2010

Equo compenso, ma stiamo scherzando?!?!?!?!?


E cosi mentre noi eravamo a smaltire le sbornie dei vari cenoni natalizi preparandoci al 2010 come anno del riscatto, il 30 dicembre il ministro Bondi – per fare un favore alla Siae e proteggere il diritto d’autore degli “artisti” – ha concepito l’ennesima italica tassa in termini di innovazione e tecnologia. Come se non bastasse dei "furti" giornalieri di quel carrozzone creato da un ottima idea di Ricordi e trasformato in società nel 1882, oggi il Ministro dei Beni e attività culturali ha pensato bene di introdurre questa tassa chiamata equo compenso .... Ma chi sono i futuri "tassati"? Ma semplicemente a tutti i possessori di memorie fisiche (hard disk, telefoni, macchine fotografiche, dvd, cd, chiavi USB, etc). Perchè direte voi. Semplice! Dato che la Siae lucra già su di un attività che vede impegnate numerose persone (leggi il post precedente) il Ministro che dovrebbe amministrare ha pensato bene di girargli questa "piccola" fetta di mercato (si parla di 40 milioni di telefoni cellulari sparsi per l'Italia) così tanto per gradire. Il maggior fastidio di questa decisione, non è la tassa in se, ma il fatto che la Siae commette ogni giorno, a locali, bar, ristoranti, negozi, teatri, un vero e proprio salasso in termini monetari, pensando ad esempio al famoso euro o euro e mezzo applicato ad un biglietto per il teatro, o ai famosi borderò che i cantanti riempiono ogni volta che cantano le canzoni. Nessuno si è mai chiesto perchè tali "lenzuoli" costino una cifra fissa e non variabile rispetto ai brani eseguiti. Oggi arriva anche questa, con lo scopo di "proteggere" il diritto d'autore successivamente l'aquisto di un CD musicale di Renato Zero (per intendersi) perchè noi pagassimo anche la nostra lecita intenzione di riprodurlo, ad esempio, sulla chiavetta MP3 che usiamo quando andiamo a fare joggin. Diciamo che fin qui potrebbe anche essere logico. Ma dato che non siamo dei vulcaniani a quanto ammonta il costo della tassa? Un forfettario euro a dispositivo? Non penso proprio anzi, dalla tabella estrapolata da tale decreto leggiamo che una chiave USB di 1 Gb pagherà 3,22 euro, praticamente il costo della stessa. Una compact flash per la nostra macchina fotografica da 8 Gb, avrà un surplus di 4,51€ ovvero 1/4 del costo. Il top è per i supporti di memoria come gli hard disk, che oltre i 250Gb pagheranno la bellezza di 28,98€ praticamente il costo dello stesso hard disk. La Siae si difende dicendo che in Europa tutti i prodotti che permettono la copia delle opere prevedono da anni il compenso. In Francia i compensi dal 2008 sono il 50% più alti di quelli stabiliti dal decreto e in Spagna, ad esempio su il cellulare, il compenso è di 1 euro e 10, in Croazia è di 1 euro e 37 centesimi. Il compenso stabilito dal decreto in Italia è 0,90, il prezzo minimo di un caffè. Personalmente faccio una grossa difficoltà a comprendere il motivo per il quale i cittadini italiani dovrebbero essere costretti ad offrire un caffè alla Siae ogniqualvolta acquistano un cellulare. Non gli bastano i caffè provenienti dalle gabelle applicate al settore amatoriale? Una delle più rilevanti assurdità del decreto sta proprio nell’estensione del prelievo a cellulari, pc, decoder, game console che non hanno come funzionalità principale la duplicazione di contenuti digitali. In Europa, come ha avuto modo di ricordare Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, 23 Paesi su 27 non prevedono alcun compenso sui cellulari mentre i pc sono tassati in un solo Paese e nessuno tassa le game console.

La macchina Siae nel 2008 è costata oltre 187 milioni di euro. A nostro avviso il sistema culturale italiano non può permettersi di supportare costi di questo genere ed è, d’altro canto, facile immaginare che se Siae operasse in un mercato aperto anziché in posizione di monopolio i costi di esercizio si ridurrebbero rapidamente e drasticamente. Sempre dal bilancio 2008 si rileva che la Siae ha circa 650 milioni in disponibilità liquide e 336 milioni di immobilizzazioni finanziarie. Insieme fanno il 77% del patrimonio. In altri termini, 3/4 del patrimonio Siae è costituito da depositi presso conti correnti e conti titoli. Il motivo di così tanta liquidità sta proprio nell’attività di Siae: la società raccoglie i diritti, li deposita in propri conti e solo in un secondo tempo li distribuisce ai legittimi titolari. Se si considera che i diritti distribuiti ammontano ogni anno a poco meno di 700 milioni di euro, si capisce per quale ragione Siae disponga di tanta liquidità. E’ dunque vero che, come si legge nel bilancio “tale componente reddituale, benché di natura finanziaria, va annoverata fra i proventi tipici del business” ma, proprio per questo motivo, è tanto più grave quell’investimento in 40 milioni di euro in Lehman & Brother che si è trasformato in una perdita patrimoniale secca di 35 milioni. Questo, nei fatti, non costituisce un investimento effettuato dalla società, ma di una speculazione fallimentare compiuta con i soldi degli autori. Tale defaillance, pertanto, si configura come un gravissimo errore di gestione per il quale sarebbe auspicabile avviare una indagine parlamentare.

domenica 3 gennaio 2010

La legge sullo spettacolo a che punto è?

(fonte ZioGiorgio)
Siamo a fine anno, tempo di Natale, di feste e di regali e la nostra Redazione non può che unirsi al coro degli Auguri!
 Ma a fine anno si fanno anche i conti tant'è che, pur seguendo la vicenda oggetto del dibattimento ormai da mesi, abbiamo atteso con trepidazione fino a questo punto, cercando e aspettando una notizia ufficiale che annunciasse la nuova legge sullo spettacolo dal vivo.
Di fatto ad oggi, 31 dicembre 2009, la situazione è quella riportata nel sito di open parlamento, dove è possibile seguire quasi in tempo reale gli aggiornamenti: open parlamento.
Come si può vedere la legge deve essere ancora approvata alla camera, per poi passare al Senato e, solo a quel punto, diventare legge. E' pur vero che gli ultimi Governi ci hanno abituato alle votazioni della mezzanotte ma, verosimilmente, se ne riparlerà nel 2010.
Ma facciamo un passo indietro, perché della proposta della “legge quadro per lo spettacolo dal vivo” firmata a suo tempo da Gabriella Carlucci e Luca Barbareschi, deputati del Pdl, se ne parla già dal marzo scorso e le dichiarazioni entusiastiche ne davano una quasi certa risoluzione entro la fine dell’anno.
Seguire la vicenda nella sua interezza è stato impossibile. Non fosse altro che per il gran numero di politici, parlamentari e personaggi dello spettacolo che si sono avvicendati a protagonisti nei mesi che separano marzo ad oggi.
Abbiamo comunque individuato due esponenti politici che sembrano aver preso a cuore la vicenda, le Parlamentari Gabriella Carlucci (PDL) e Emilia De Biasi (PD) tanto che, giusto per semplificare, di legge Carlucci-De Biasi al momento si parla.

Come se non bastasse a movimentare le acque si sono aggiunti a fasi alterne, con toni alcune volte coloriti e spiacevoli, il Ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, prima definendo i “registi parassiti” e poi parlando degli "organici esorbitanti dei teatri lirici", e un pezzo apparso su Il Foglio del 13 novembre a firma del Ministro Bondi, dal titolo “Artisti: che accattoni“.
Per dovere di cronaca il Ministro Bondi a parlato di "fraintendimenti" in seguito alle polemiche scaturite nei giorni seguenti il suo articolo…


Nonostante tutto un primo testo dell’ormai famosa e agognata “Legge quadro per lo spettacolo dal vivo” siamo riusciti a reperirlo facendo notare però come esso stesso sia fermo al 8 ottobre 2009, data dopo la quale occorre continuare a seguire le diverse manipolazioni del testo un po’ a fiuto…
Viceversa è doveroso anche sottolineare come, in fatto di legislazione, questa nuova proposta vada a colmare un vuoto più che ventennale, visto che dopo l’emanazione della legge “madre” del 1985, istitutiva del Fus (il Fondo unico per lo spettacolo), non sono mai state varate dal Parlamento le leggi “figlie”.
Ma perché questa legge è importante? 
Ognuno di noi, che si considera giustamente parte in causa, avrà cento e più motivazioni per considerare una riforma legislativa e contrattuale del mondo dello spettacolo assolutamente necessaria, ma analizzando la situazione in un’ottica meno “romantica” e più materiale si può comprendere come il settore sia tutt’altro che trascurabile.
Questo perché non siamo i soliti quattro gatti, visto che alla categoria "spettacolo" vanno inseriti anche tutti gli appartenenti alle categorie di cinema, teatro, lirica…
Ed ecco che allargando leggermente lo sguardo, ci saltano all’occhio numeri di tutto rilievo (fonte www.tafter.it e Annuario del Turismo e della Cultura).
I dati si riferiscono al 2007, anno in cui la fantomatica “crisi” non era ancora così conclamata…
Comunque sia in Italia il settore della musica e dello spettacolo produce un valore aggiunto di 5.186,2 milioni di euro, impiegando circa 120 mila addetti.
In particolare, secondo i dati riportati Annuario del Turismo e della Cultura proprio nel corso del 2007, l’attività teatrale ha generato un volume d’affari pari a 520 milioni di euro; l’attività concertistica pari a quasi 300 milioni di euro; le attività di ballo e i concertini hanno superato il miliardo di euro (capito bene i concertini…); le attrazioni dello spettacolo viaggiante hanno mosso 298 milioni di euro; e le manifestazioni all’aperto, insieme alle manifestazioni multigenere, hanno fatto registrare un volume d’affari pari a 123 milioni di euro.
Sempre nel 2007 sono stati individuati nel nostro Paese, 158.521 luoghi dedicati allo spettacolo, che hanno ospitato quasi 2.670.158 eventi, di cui 169.226 hanno riguardato attività di teatro, lirica, rivista e commedia musicale, belletto, burattini e marionette, arte varia e circo.
Questi i dati ufficiali trascurando e omettendo arbitrariamente la categoria cinema che da sola raddoppia quasi i numeri in fatto di maestranze.


Siamo al cospetto di cifre importanti tanto che a livello di "impiegati" - e sarebbe il caso che lo capissero anche i legislatori - si parla di un numero di lavoratori almeno pari a quello dei grandi stabilimenti automobilistici…


Ma torniamo all’argomento in esame. Letto e digerito (si fa per dire) il testo abbiamo cercato di capire quale fosse il reale pensiero delle promotrici, essendo il documento scritto nell’odioso “politichese” incomprensibile alle prime lettura.
Basandoci sulle dichiarazioni delle stesse (Carlucci e De Biasi appunto) riportiamo per esempio che “Il mondo dello spettacolo ha bisogno di una riorganizzazione”, che servono “fondi aggiuntivi”, serve “dare maggiore valore alle produzioni artistiche”.
E ancora, si parla di “prioritario interesse nazionale e una politica nazionale dello spettacolo dal vivo, con forme di intesa e di coordinamento istituzionale tra Stato, regioni, province, aree metropolitane e comuni” etc. etc.
Se a questo ci fermassimo non troveremo molto di più di quello che già non sappiamo.
 Però un testo redatto e completo (anche se non definitivo lo ripetiamo) esiste ed è per questo che vi invitiamo a leggerlo nella stesura integrale, per evitare di incorrere in un’interpretazione erronea o di parte, dovuta a frasi estrapolate a campione anche se prese da dichiarazioni ufficiali apparse nel corso dei mesi.
Tra i tanti punti trattati, ci si conceda di provare a commentarne alcuni, se non altro quelle tematiche che sentiamo più vicine alla nostra esperienza. Cercando di mantenere un minimo di ordine cominciamo leggendo quelle che vengono identificate come “finalità e principi fondamentali” racchiuse nei primi due articoli.

Cominciamo con l’art. 2 comma F dove si evidenzia una frase in cui si esorta alla “promozione dei nuovi talenti e dell'innovazione artistica ed imprenditoriale...”
Da qui vorremo simbolicamente cominciare proprio perché più o meno ognuno di noi è proprio grazie ad un Artista che riesce a campare e a far il proprio mestiere.
Diventa di fondamentale importanza creare e ricercare nuovi Artisti che siano credibili e duraturi nel tempo.
Certo, cosa non facile ma assolutamente da perseguire.
 Non vorremmo quindi che si confondesse la “promozione” in stile realityshow con la formazione, che rimangono due cose ben distinte…

Ma è pur vero che più avanti si parla sia di “educazione culturale” (art. 11) sia di “formazione professionale ed alta formazione” (art. 12).
Questi due articoli dovrebbero soddisfare la voragine culturale e strutturale che affligge da sempre la formazione nel settore dello spettacolo, sia esso visto dal lato artistico che dal lato tecnico.
A tal proposito, come unica considerazione, portiamo all’occhio del lettore come si parli abbastanza genericamente di formazione di “tecnico delle luci” e “tecnico del suono”, laddove altri Paesi hanno già coperto e superato ampiamente questa evidente limitazione e semplificazione dei ruoli nel settore…


Scendendo di qualche punto riportiamo (art. 2 comma O) una frase che ci ha fatto un po’ sorridere: “la tutela sociale dei professionisti del settore attraverso gli strumenti del welfare, in grado di compensare la natura aleatoria e precaria della professione artistica” che vorremo non commentare se non con un laconico “aleatoria e precaria”...
Scendendo di una riga (art.2 comma P) leggiamo: “il riconoscimento della professione di agente per lo spettacolo dal vivo”.

L’argomento, decisamente interessante, viene sviscerato e trattato nell’art. 14 dove, tra le altre, leggiamo “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, il registro degli agenti dello spettacolo dal vivo e delle persone fisiche o giuridiche che svolgono attività manageriale ed economica nel settore”.
E ancora in merito all’iscrizione a questo albo (di quello pare trattarsi): “costituisce titolo preferenziale per rivestire il ruolo di direttore generale, direttore artistico e direttore organizzativo nelle fondazioni lirico-sinfoniche, nei teatri di tradizione, nelle istituzioni concertistico-orchestrali, nei teatri stabili e nei soggetti stabili della danza, negli organismi di promozione e di formazione del pubblico, nei teatri municipali, nelle rassegne e nei festival.”
In che modo è possibile accedere al registro? Chi e con quali credenziali potrà far parte del registro? Molti poi si chiederanno quanto costerà? Domande che sicuramente meritano risposte adeguate.
Una specie di risposta in effetti sembra essere contemplata nel paragrafo 2 dello stesso art. 14 “Sono altresì assimilati alla figura di agente dello spettacolo gli operatori professionali che in via prevalente, stabile e continuativa promuovono e rappresentano gli artisti e ne producono, organizzano ed allestiscono gli spettacoli di musica popolare contemporanea dal vivo”.
Continuiamo la nostra breve analisi concentrandoci sui punti di maggior interesse e tralasciando, volutamente per il momento, tutti i punti riguardanti la materia fiscale (fondi, enti etc…)


Arriviamo quindi all’art. 15 denominato: “Interventi in materia di tutele assicurative e di collocamento al lavoro”.

Un tema da sempre scottante e sentito nel settore è relativo al “quando” un lavoratore del nostro settore possa ritenersi coperto da assicurazione, proprio in virtù della natura aleatoria e precaria.
Mi riferisco per esempio ai casi di trasferte, day-off, allontanamento momentaneo (e giustificabile) dal luogo del lavoro etc.
 Bene, abbiamo cercato di capire meglio andando a riprendere i vari decreti citati.
Al punto 2 dell’art. 15 si legge la frase che abbiamo reputata la più importante e che recita “l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è estesa ai lavoratori di cui al comma 1 dell’articolo 34 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276” (link al decreto).
In questo decreto legge appena menzionato del settembre 2003, e nello specifico nell’articolo 34 e nel comma, vengono descritte - per farla breve – le tipologie contrattuali a orario ridotto, modulato o flessibile.
A tale decreto però verrebbe fatta un’aggiunta ad hoc (espressa nel disegno di legge in esame) che recita “il contratto di lavoro intermittente può, in ogni caso, essere concluso con riferimento alle prestazioni rese dai lavoratori dello spettacolo dal vivo”.
Questa frase sembrerebbe lasciare un ampio margine di arbitrio tra il contraente e il datore di lavoro, evitando di fatto di chiarire in modo esplicito e inequivocabile le modalità contrattuali. A voi la palla…
Saltiamo all’art. 21 che tratta di regolamentazione delle attività settoriali e nello specifico ci occupiamo, al momento, della sezione denominata “Circhi, spettacolo viaggiante, artisti di strada e spettacolo popolare”.
Ci sono un paio di punti che meriterebbero una discussione molto articolata tra le varie parti in causa.

Il comma F e il comma G parlano rispettivamente de “l'acquisto di nuovi impianti, macchinari, attrezzature e beni strumentali” e “la ristrutturazione di aree attrezzate”.

In questo caso l’unico augurio – o dovremo dire speranza – è che vengano definitivamente interpellate le persone realmente operanti nei settori specifici in modo da non disperdere energie e fondi in opere e investimenti non conformi o, nel peggiore dei casi, assolutamente inadatti agli scopi.
Ma la questione che sembra essere più spinosa, e ci guardiamo bene di dare giudizi in questo caso mancando dell’esperienza necessaria, riguarda la questione economica: i soldi!
Sempre protagonista è il famoso "FUS" Fondo Unico per lo Spettacolo, il meccanismo utilizzato dal Governo italiano per regolare l'intervento pubblico nei settori del mondo dello spettacolo (cinema, teatro, musica, etc).
A chi interessa consiglio di andare a leggere questo documento dove, tra le altre cose, a pagina 11 e 12 sono riportati alcuni grafici sull'andamento dei fondi istituiti dal FUS dal 1985 al 2007, ultimo anno preso in analisi. (link documento)
Questo significa che ancora una volta i soldi per promuovere, produrre e diffonder l'arte dello spettacolo dal vivo nel nostro Paese dipendono da Governi e Governanti di turno.
Ci affranchiamo dal fare considerazioni ulteriori in merito ma vi lasciamo anzi riportando una parte di uno degli ultimi interventi del' On. De Biasi (9 dicembre) alla Camera dei Deputati: "...La cultura, inoltre, è considerata solo una spesa e non certo un investimento. È stato bocciato fra gli altri - ovviamente come tutti quanti gli altri - l'emendamento per il ripristino del Fondo unico per lo spettacolo ai livelli del 2007. Parliamo di 550 milioni, davvero tanto poco".
"Vorrei vedere nel dettaglio tutte le voci che sono state aumentate in questa piccola e poi gigantesca finanziaria e se effettivamente sono voci che non avrebbero potuto e dovuto lasciare spazio alla cultura e al finanziamento dello spettacolo. Chiedevamo 550 milioni (un innalzamento bassissimo), pochissimi ma necessari per uscire dalla linea di sopravvivenza, perché di questo si parla. Le fondazioni lirico-sinfoniche drenano la maggior parte del Fondo unico per lo spettacolo e vivono la crisi più nera della loro storia. Il Ministro Bondi ha promesso la riforma da un anno e non è mai arrivata, ha promesso agevolazioni fiscali e non sono mai arrivate (per forza, sono mancate entrate e vorrei anche vedere che arrivassero!) e lo spettacolo è un dramma nel dramma. I teatri chiudono, i soggetti del comparto lirico e concertistico sono con l'acqua alla gola. Chiudono le orchestre, finisce la musica nel nostro Paese. Ebbene, credo che con tutte le trasmissioni televisive e le sollecitazioni che ci vengono dovrebbe essere obbligatorio porsi un problema morale, e cioè perché lo spettacolo e la cultura in questo Paese sono considerati il divertimento del re e non una attività produttiva e socialmente importante per la vita dei cittadini…".

Per il momento è tutto, ma non finisce qui...

lunedì 28 dicembre 2009

Ciao 2009

A tutto il gruppo degli artisti senza nome un buon fine anno da parte mia. Che il 2010 ci riservi qualcosa di buono? Speriamo!!! L'anno appena trascorso ci ha fatto divertire e come sempre la nostra speranza è di continuare a farlo. Se così non fosse, rimarremo negli occhi delle persone che ci hanno applaudito...
Un abbraccio forte a tutti voi
Voster semper voster
Massimiliano Miniati

lunedì 21 dicembre 2009

Belli con l'anima...



Ieri si è svolto nella Basilica di San Marco il "concerto" e l'assegnazione del premio Beato Angelico a Riccardo Cocciante. Permettetemi il tono poco modesto del post, ma ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno rammentarlo, il nostro piccolo gruppo si è distinto per impegno e capacità, anche di fronte a grandi artisti con i quali abbiamo "collaborato", quindici giorni fa con Fausto Leali, ieri con Cocciante. Purtroppo l'organizzazione del premio non è quello che si dice un modello da seguire, tante sono le lacune e le improvvisazioni da parte di tutti. Il nostro Marcello Fusi, stimolato anche dal nome del personaggio, questa volta ha fatto da tramite tra chi s'improvvisa e tra chi vive nel professionismo, portando in dote al maestro Cocciante alcuni elementi del nostro gruppo che hanno collaborato attivamente alla riuscita della serata. Non voglio adentrarmi in particolari momenti che ho vissuto, alcuni sarebbero veramente grotteschi, ma la serata ad un certo punto aveva preso una piega bruttina, con lo "stizzimento" da parte del maestro, per l'improvvisazione con la quale era stata curata. Come dargli torto? Ma la Basilica a quel momento si era già riempita, ed il pubblico mi sembra già abbastanza tartassato da rappresentazioni scadenti, per subirne un altra in un bellissimo luogo come la cattedrale. Grazie ad una mediazione del nostro Marcello, gli animi si sono calmati e la manifestazione è potuta iniziare. Nel retro altare abbiamo avuto anche modo di conoscere il maestro Cocciante al quale abbiamo rivolto la domanda se gradiva un piccolo omaggio da parte dei nostri dell'esecuzione di qualche brano tratto dal suo capolavoro "Notre Dame de Paris".
Sicuramente il maestro ne avrà sentiti di cantanti nei suoi provini, ma vi posso garantire che nel professionismo non si canta solo perchè si è bravi, altrimenti Marcello, Marco e Diletta sarebbero nel cast ufficiale. E non lo dico perchè sono loro, ma lo dico perchè cantare bene in quelle situazioni non è facile, ed ho visto tanti professionisti steccare e cadere... Marcello, Diletta e Marco hanno veramente emozionato il pubblico, strappando un applauso anche dal maestro, poco incline a elargire gratuiti complimenti. E, ciliegina sulla torta, la nostra Diletta si è anche improvvisata direttrice del coro di San Marco, causa defezione artistica del suo titolare, sull'Ave Maria cantata proprio dal suo compositore.
Ovviamente oltre al sottoscritto sempre in zona mixer e bottoni vari, accompagnato per l'occasione da Fabrizio "Quasimodo" Fusi, in "zona" c'erano anche le altre amiche di sempre e ballerine del cast Barbara Pasqui, Cristina Tangari, Michele Savino, Greta Savino, Mirko Vignali e l'ultimo arrivo Ilaria Napoli, sempre pronte qual'ora la situazione lo richieda, a dare una mano, ad essere li...
Che dire? A parte il fatto che il giorno dopo sui giornali non è stata fatta menzione di tutto ciò, ricordandoci che l'arte per noi poveri comuni mortali non paga, noi comunque ci dovevamo essere, e così è stato, con rispetto ma anche con la convizione di essere noi stessi che ci ha portato a "zonzo" divertendoci come matti, e con la speranza di continuare a divertirci...
"...noi, gli artisti senza nome..."

sabato 19 dicembre 2009

Sempre e comunque



Ebbene si, gira e rigira siamo tornati alle origini, ma questa volta con noi c'è un amico in più: Riccardo Cocciante. Infatti "...noi, gli artisti senza nome..." Domenica pomeriggio 20 Dicembre saremo insieme a colui che ha ispirato il nostro musical, nella Basilica di San Marco a Firenze, in occasione del ritiro del premio Beato Angelico da parte del maestro. Già più di una volta abbiamo fatto da contorno a questa manifestazione, ma questa volta alcuni di noi, Marcello, Diletta, Marco e Fabrizio, avranno l'onore di cantare le canzoni del nostro musical direttamente con l'autore, e questo penso sia il massimo per artisti come noi. Tutti i ragazzi saranno comunque presenti, perchè ognuno di noi ha cantato, ballato, pattinato e sudato su ogni palcoscenico dove ci siamo esibiti, formando un unico elemento che ci ha portato in varie parti d'Italia. Personalmente sono molto contento di questo evento perchè il nostro percorso alla fine ci ha portato al cospetto di Cocciante, alla sua corte, che non è quella dei Miracoli, ma è quel posto dove ogni artista non professionista sognerebbe di andare. Per una volta guarderò i miei ragazzi da seduto con quel sano velo di commozzione che mi pervaderà, ricordando quel lontano 2004 quando abbiamo iniziato, e che oggi ci ha portato fin qui. Non sapremo se sarà un traguardo o l'inizio di una nuova avventura, in fondo siamo zingari e artisti di strada, ma ad ogni bivio abbiamo sempre preso una buona strada, e non dico che dividerei una montagna, ma andrei a piedi certamente a Bologna per un amico in più...

martedì 17 novembre 2009

Teatro Puccini

Leggo con dispiacere le cronache che riguardano il Teatro Puccini di Firenze, un teatro che ci ha visti protagonisti per 4 volte, e che oggi minaccia la chiusura per sfratto. Buffa la storia del Puccini, nato nel ventennio, dove le istituzioni creavano spazi ludici per la cittadinanza, ancora priva della televisione, quindi partecipe della vita teatrale, forse la miglior forma per l'espressione artistica. Oggi, quelle stesse istituzioni sembrano sorde al grido dei lavoratori dell’Associazione Culturale Teatro Puccini, che dicono:
"Vorremmo rendere sensibile le Istituzioni cittadine sulla precarietà in cui siamo improvvisamente caduti, siamo altresì preoccupati poiché le stesse Istituzioni non si sono ancora espresse in merito a questa vicenda e soprattutto non hanno manifestato nessuna opinione o gesto a garanzia e sicurezza sul nostro futuro lavorativo. La nostra Associazione ha finora svolto un ruolo importante nella vita culturale della città e in questi anni ha sempre goduto di bilanci sani; essere ad oggi a rischio lavoro per problemi di natura non economica ci lascia costernati. Riteniamo infatti che l’ingiunzione di sfratto da parte della Proprietà sia un messaggio lanciato all’Amministrazione Comunale in vista delle prossime decisioni sul piano strutturale ma in questo confronto l’Associazione Culturale Teatro Puccini rischia di essere il capro espiatorio. Chiediamo dunque alle Istituzioni di tutelare il nostro posto di lavoro, ancor più in un periodo di crisi come quello in cui stiamo vivendo".
Ci dispiace veramente e spero che questa vicenda si concluda con un lieto fine, in primis per l'amico Lorenzo Cinatti, sempre disposto a dare una mano alle compagnie amatoriali che vogliono "godere" di un teatro serio, e poi pensando anche ai protagonisti politici della vicenda che sono sempre i soliti, ad iniziare da Sergio Staino & C. che non avranno problemi a sciogliere i nodi della questione, o almeno è quello che dovrebbe succedere, altrimenti la storia del Puccini sarà destinata a finire, tanto oramai per far divertire il popolo ci sono le trasmissioni televisive e gossip vari....

sabato 31 ottobre 2009

Altro che veline!!!:-)


Pubblico un articolo riguardante il centro di assistenza ODA Villa Luigi a Castello, dove il nostro fotografo Silvano Silvia ogni anno si prodiga in iniziative benefiche, e che quest'anno lo vede impegnato a fotografarli in un calendario tutto particolare. A Silvano e a tutte quelle persone che si adoperano in queste fantastiche iniziative un affettuoso abbraccio e una standing ovation. Bravi!!!!

sabato 3 ottobre 2009

Dicono di noi...

Dal bimestrale Musical, un interessante articolo sulla rassegna milanese e ovviamente sul nostro spettacolo. Indipendentemente da qualche punto "discutibile" che potrebbe essere analizzato con la giornalista, personalmente la vorrei ringraziare per la cura e l'analisi con cui ha scritto il pezzo, sinonimo di aver osservato attentamente la nostra rappresentazione, riservandoci molte più "righe" rispetto agli altri partecipanti. Non solo, ma la sua "recensione" ha veramente il tono di una critica riservata ai professionisti, e di questo, io e il gruppo amatoriale che rappresento, non ne possiamo che essere lieti.
Grazie ancora e speriamo di rivedersi in un altro palcoscenico dove saremo ancora più "agguerriti" e pronti a nuove sfide e critiche.

mercoledì 9 settembre 2009

Allegriaaaa!!!!!


E così anche l'ultimo "allegria" della storia se ne è andato insieme al suo inventore: Mike Bongiorno, forse l'ultimo dei presentatori della vecchia generazione, escluso Pippo Baudo. Mike lascia la scena a 85 anni dei quali 65 di onorata carriera. Portò in Italia quella ventata di american way dando una svolta definitiva alla nostra televisione per l'intrattenimento serale, coinvolgendo famiglie intere nei suoi quiz e giochi a premi. La tristezza di chi scrive, forse condivisa dai miei coetaneai, è che stanno scomparendo tutti quei personaggi legati alla nostra infanzia, quelli che quando accendevi il televisore "c'erano" sempre con i loro programmi storici, La Corrida, Portobello, Rischiatutto, trasmissioni che sapevano di buono, dove il montepremi veniva ancora contato il lire, e le vallette erano in carne e ossa, ed erano tutta roba italiana. Per noi che l'abbiamo vissuto quante volte non abbiamo detto "ahi ahi ahi Sig.ra Longari", oppure "quale busta vuoi, la uno, la due o la trè?"... Per spiegarvi meglio, guardate la foto qui sopra. Il bianco e nero non era solo la televisione, ma anche la semplicità e l'eleganza degli studi, lontani dal bello, ma a volte eccessivo sfarzo dei nostri giorni. I tempi televisivi erano diversi, le parole usate erano diverse, e non c'era un problema di share o di audience. Il presentatore sapeva quello che doveva fare perchè al di la dello schermo c'erano famiglie reduci da una giornata di lavoro e la televisione doveva rilassare e divertire. Corrado era un maestro in questo, come lo è stato più limitatamente Enzo Tortora con Portobello, e con Mike il padre di tutti i quiz. Come recitava nella famosa pubblicità della grappa Bocchino (anche quella un must) adesso Mister Allegria è veramente "sempre più in alto", più in alto anche dell'uccello sul quale cadde l'ignara Sig.Longari, e chissà se da lassù hanno già preparato la sigla e un nuovo programma a quiz dal titolo Rischia o Trapassa...

lunedì 31 agosto 2009

In ricordo del Quartetto Cetra


Se n’è andata l’ultima voce maschile del Quartetto Cetra. Virgilio Savona si è spento a Milano a 89 anni. E del gruppo vocale che ha segnato le strade del jazz e del varietà dal primo dopoguerra agli anni Settanta, ora resta solo la moglie Lucia Mannucci, la «signora» del gruppo. «In America c’erano i Mills Brothers e tanti altri gruppi vocali – ci aveva raccontato Savona un paio d’anni fa nella sua accogliente casa milanese – da noi un quartetto vocale era un’assoluta novità. Cominciammo ad ascoltare il jazz di nascosto durante la guerra e poi, dopo la liberazione, cantavamo i brani di Louis Armstrong e i classici dei neri nelle città del Sud sui predellini dei camion».
Con Tata Giacobetti e Felice Chiusano (scomparsi rispettivamente nel 1988 e nel 1990) e la moglie Lucia ha creato un amalgama di voci e di gag irripetibile. Prima si chiamavano Quartetto Ritmo, poi nel 1941 debuttano alla radio, nella rivista Riepilogando con il nome di Cetra. Sono una inedita e fresca novità nel panorama musicale italiano e, quando l’anno successivo Enrico De Angelis viene richiamato in guerra, entra nel gruppo la Mannucci portando la levità e il tocco vocale cristallino che definiranno le caratteristiche del gruppo. Il Quartetto Cetra ho sfondato con brani leggeri, spensierati e meravigliosamente armonizzati, scritti prevalentemente dallo stesso Savona. Tra i più celebri Concertino (che li ha fatti conoscere al grande pubblico grazie alla trasmissione tv In quattro si viaggia meglio), Aveva un bavero (quello della Bella Gigogin portata a Sanremo nel ‘54), In un palco della Scala, Vecchia America su musica di Lelio Luttazzi, Un bacio a mezzanotte musicata da Gorni Kramer e Nella vecchia fattoria. «Erano tempi felici – ricordava Savona – quelli del boom. L’Italia riscopriva il gusto di divertirsi, di fare cose nuove. Il punto di riferimento per tutti era l’America, ma noi abbiamo cercato di cantare lo swing visto dal nostro punto di vista».
Eleganti, simpatici, un po’ ingenui, divennero un simbolo del compianto varietà e dai pienoni in teatro passarono ai successi tv, partecipando a programmi storici come Studio 1. Spesso si esibivano in costume, come guitti o veri attori popolari che conquistavano il pubblico con la semplicità ma senza dimenticare la classe. Erano stati precursori della cosiddetta contaminazione e furono travolti dall’ondata beat. «Ci prendeva in giro per Nella vecchia fattoria – ci diceva ancora Savona - chi non sapeva che è un classico del folk anglosassone».
E Savona è stato anche un grande studioso di musica popolare. Nel 1970 pubblicò l’album Sexus et politica, con brani scritti per Giorgio Gaber, e nel 2004 fu premiato al Club Tenco come «uno dei gradi protagonisti storici della musica e della cultura italiane». Quell’anno tutti i cantautori del Tenco eseguirono sue canzoni poi incise nell’album Seguendo Virgilio e trascritte nell’omonimo libro. Ricoverato da tempo per l’aggravarsi del morbo di Parkinson, stava lavorando a un disco di vecchie canzoni popolari.